Kierkegaard

Kierkegaard è un filosofo, teologo e scrittore danese; il suo pensiero è considerato l'inizio dell'esistenzialismo.






Nasce il 5 maggio 1813 a Copenhagen, dove rimarrà quasi per tutta la vita e dove morirà.
La sua situazione familiare e la sua educazione fanno di lui un uomo malinconico e molto riflessivo, sempre immerso in un'atmosfera di severa religiosità.
La maggior parte del suo tempo era speso studiando e meditando.


Fuori dalla Danimarca compie solo alcuni viaggi a Berlino, dove segue le lezioni di Schelling: dopo un primo momento di forte entusiasmo, interrompe la frequenza a lezione perché considera quella filosofia fine a sè stessa.

Fondamentali per la sua filosofia saranno:

  • il rifiuto della filosofia hegeliana 
  • l'allontanamento dalla Chiesa danese (la accusa di essersi allontanata dai veri insegnamenti di Gesù)
Kierkegaard è riconosciuto infatti come uno dei più grandi contestatori di Hegel: Kierkegaard afferma la soggettività della verità mentre Hegel, con la sua riflessione oggettiva, rende il soggetto "accidentale", favorendo il pensiero astratto.
Kierkegaard afferma quindi che non esiste la verità oggettiva, ma solo la verità del singolo individuo (verità soggettiva).

Per il filosofo la verità dona all'uomo la consapevolezza della propria condizione esistenziale.

Il pensiero soggettivo di K. è quello del concreto esistente (che non ha nulla a che vedere con la ragione trascendentale di Kant o la ragione astratta di Hegel); è un pensiero che si interessa in assoluto all'esistenza stessa, con la sua realtà e concretezza.






La filosofia di K. afferma in modo assoluto la validità e l'importanza della religione nella vita degli uomini: la religione sarebbe l'unica vera via di salvezza e l'unico modo per sottrarsi ad una condizione esistenziale misera, angosciosa e disperata...

Scegliere significa esistere.
L'individuo non è ciò che è, ma è ciò che sceglie di essere.
Se l'uomo non sceglie, rinuncia alla sua personalità perché non le permette di mostrarsi.
Affidarsi alla religione e alla fede è l'unico modo per superare i pensieri negativi.












"AUT AUT" E GLI STADI DELL'ESISTENZA SECONDO KIERKEGAARD


L'esistenza è, secondo il filosofo, una dimensione molto problematica, priva di certezze e piena di dubbi.
Ogni individuo deve continuamente effettuare la scelta che, seppur drammatica, deve essere affrontata e mai delegata ad altri.
Affrontare questa scelta esistenziale è necessario per affrontare i TRE STADI DELL'ESISTENZA uno dopo l'altro. Essi sono fondamentali per vivere e concepire l'esistenza:


1. STADIO ESTETICO:
l'uomo vive nel momento e nella ricerca continua del piacere; vive godendosi appieno le bellezze dell'esistenza e rifiuta tutto ciò che è impegnativo, serio, ripetitivo.

Questa esistenza sola è insufficiente perché chi si dedica esclusivamente al piacere perde lentamente la propria personalità, perde il proprio essere, cade nella noia e nella tristezza.


2. STADIO ETICO:
questo stadio è dominato dalla scelta e dalla responsabilità. E' rappresentato dalla figura del marito perché la famiglia esprime l'ideale del dovere morale e perché l'amore assume spessore e profondità.

In questo caso la donna è emblema di concretezza, felicità stabile e amabilità.
Il lavoro invece rappresenta il dovere, uguale per tutti i membri della società.

In questo stadio quindi l'individuo sottomette la propria individualità alle regole familiari e sociali: non svilupperà nessun tipo di personalità propria perché si conformerà alla massa. Anche in questo caso è portato all'insoddisfazione e alla noia.


3. STADIO RELIGIOSO:
stadio in cui l'uomo affronta il proprio io e tutti gli aspetti di esso che fino a quel momento non era in grado di capire (angoscia, paura e disperazione).

La vita religiosa implica il salto dall'etica alla fede. L'uomo è posto davanti al bivio "credere o non credere?". L'uomo in realtà non può scegliere perché Dio è tutto.

Anche la vita religiosa è profondamente contraddittoria e porta all'angoscia, alla sfiducia.









L'uomo, posto di fronte alla scelta, prova inevitabilmente un senso di angoscia, paura e timore di sbagliare. Sa che può scegliere il male invece del bene e che questa scelta influenzerà la sua vita in prima persona.
In "Aut Aut" il filosofo considera l'angoscia come sentimento strutturale umano dal momento che ogni sua conoscenza e ogni sua certezza è sospesa nel limbo del fututo.






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